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Emblematico esempio di MiMo style –Miami Modern architecture– il Fontainebleau di Miami Beach è ancora oggi, per importanza storica e architettonica, un venerato punto di riferimento della città. Costruito nel 1954, da Morris Lapidus per volere di Ben Novack che, identificando in Miami Beach il fulcro della Golden Coast acquistò nel 1952 per $ 2.3 milioni di dollari dal magnate dei pneumatici Harvey Firestone, la Firestone Mansion, con l’intenzione di creare il più grande, lussuoso, hotel della Florida.
Situato sulla Collins Avenue, nel cuore del Millionaire’s Row, il Fontainebleau si estende su una superficie vista mare di 22 acri, per un totale di 1504 camere distribuite in differenti torri: l’originale struttura centrale ideata da Lapidus, lo Chateau Tower, di forma curva simile ad una balenottera e la Versailles, la Trésor e la Sorrento Towers, costruite in un secondo momento.
All’interno del Fontainebleau ci sono 12 ristoranti più o meno formali, alcuni dei quali gestiti da chef-celebrity pluripremiati fra questi il ristorante Scarpetta dello chef Scott Conan di richiamo italo-newyorkese, lo Stripsteak dello chef Michael Mina e il fiore all’occhiello, il cantonese Hakkasan per un’esperienza culinaria fuori dalle righe. L’hotel dispone di due lounge, di strutture all’avanguardia per conferenze ed eventi, della Lapis, una spa con saloon a due piani, definita da Martha Stewart “la più bella spa d’America”, una spettacolare piscina panoramica circondate da cabane e soprattutto chilometri di spiaggia incontaminata.
Ma se è vero che Miami è per antonomasia la città del sunshine state è altrettanto vero che la città è rinomata per la vivace vita notturna che trova nel Fointainebleau due dei locali più blasonati della città: l’ultra esclusivo LIV che nell’estate 2017 si è rifatto il lifting per la bellezza di 10 milioni di dollari promettendo esperienze pazzesche a 360 gradi e il Bleaulive nel quale, ai tempi d’oro Frank Sinatra con i Rat Pack ed Elvis Priestley si sono esibiti in spettacoli che hanno consacrato il Fontainebleau a tempio sacro delle celebrity. Franck Sinatra, Dean Martin avevano una suite permanente mentre Jerry Lewis, Jane Mansfield, Joan Crawford e John Kennedy vi soggiornarono con tutto il firmamento politico, finanziario e hollywoodiano dello scenario del tempo. È comparso inoltre in numerose pellicole cinematografiche fra le quali Goldfinger, The Bellboy, Scarface, Lo Specialista e Guardia del Corpo, che non hanno fatto altro che aumentarne il fascino nonostante i prezzi proibitivi.
Dopo il makeover del 2005 per il quale l’hotel ha chiuso i battenti fino al 2008, con un’investimento complessivo di 1 miliardo di dollari che lo ha trasformato in un resort, ad opera di Jeffrey Soffer, già proprietario di immobili a Las Vegas, è seguita una riapertura con il botto con la passerella del Victoria Secret Fashion Show e le performances di Usher, Mariah Carey e Robin Thicke, trasmessa a livello nazionale sulla CBS. Da allora Lady Gaga, i Maroon 5, Katy Perry, Jennifer Lopez e tanti altri artisti si sono esibiti sul palco del Blueaulive.
La parte più interessante del Fointainebleau, che ha ricevuto nel 2012, dall’American Institute of Architects il premio per il Top Building della Florida nella competizione “100 Anni 100 Luoghi” rimane tuttavia l’opulenta lobby della Chateau Tower, a consacrazione di uno stile osannato da alcuni e denigrato da altri. Lapidus aveva intuito che la lobby degli hotel era un teatro dove la gente poteva vedere ed essere vista soddisfacendo il proprio spirito narcisistico che prendeva forma: “Se crei l’ambientazione scenica ed è grandiosa, tutti quelli che entrano faranno la loro parte”, disse in un’intervista.
Originale dell’epoca con i suoi 17.000 piedi di superficie (1580 metri quadrati) vanta alcune delle caratteristiche distintive dell’architettura di Morris Lapidus, a partire dalle maniglie d’ingresso in ottone che rappresentano un cavalluccio marino nonchè la “F” di Fountainebleau, la pavimentazione in marmo bianco interrotta da forme a papillon nere, le imponenti colonne color cremisi e la famosa scala Stairway to Nowhere – la scala che non porta da nessuna parte- che offriva però l’opportunità di fare una discesa scintillante nel la lobby dell’hotel. Alle pareti della facciata anteriore del Convention Center un insieme di finestre circolari, ironicamente chiamate dall’architetto the cheeseholes –buchi di formaggio- danno la sensazione di essere in un sottomarino, così come i muri interni, curvilinei danno l’idea di fluttuare e muoversi in linee serpeggianti, questo perchè secondo Lapidus le persone non camminano mai seguendo un linea retta.
A seguito dell’imponente restauro del 2005 l’hotel ha subito una modernizzazione divenendo una miscela spettacolare di glamour dell’epoca d’oro di Miami misto al lusso moderno ed elegante dei tempi odierni, a partire dalle camere, lussuose ed eleganti ciascuna dotata di iMac personalizzati. La progettazione della luce, fondamentale al Fointainebleau è stata affidata a James Turrell, artista statunitense, i cui lavori vertono principalmente sulla percezione della luce e dello spazio e che per l’hotel ha creato tre sculture di luce dietro la reception e gruppi di luce lungo la hall verso la lobby principale. Caratteristica di queste sculture è che è difficile catturarne il colore perchè la luce si trasforma lentamente da una palette di colori ad un’altra. Ai lampadari di Lapidus sono stati sostituiti 3 spettacolari lampadari circolari composti da migliaia di pendenti in cristallo opera dell’artista Ai Weiwei che fanno eco ai cheeseholes delle pareti.
Numerose opere d’arte si possono inoltre osservare nelle eleganti boutique; di particolare fascino il lampadario Fragile Future della gioielleria composto da una struttura metallica in bronzo fosforato, LED e da veri dandelion –dente di leone, o soffioni-, ad opera di Lonneke Gordijn e Ralph Nauta dello Studio Drift, in cui natura e tecnologia si mischiano.
Nella sua lunga carriera Lapidus, al quale è stato conferito poco prima di morire nel 2001, il prestigioso National Design Award del Museo Nazionale del Design Cooper Hewitt dello Smithsonian, ha progettato più di mille edifici fra i quali 250 hotel, alcuni dei più famosi a Miami e fra questi il Fontainebleu, da lui definito il suo capolavoro: “Era completamente favoloso in un modo che inorridiva l’establishment architettonico dell’epoca – ma il pubblico lo capiva e lo amava” dichiarò. Riuscì infatti con quest’opera molto impegnativa seguendo la sua teoria del Too much is never enought – il troppo non è mai abbastanza- a farsi spazio fra gli architetti del tempo e a lavorare a molti altri hotel sulla Collins che tutt’oggi portano la sua impronta e la sua firma e che regalano a Miami Beach il fascino per il quale è conosciuta.