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Apre la prima edizione del Miami Photo Fest, il festival annuale della fotografia ospitato nel The Moore Building, fra i muri elastici di Zaha Hadid, a conferma del fatto che il Design District è diventata zona artistica d’eccellenza nel variegato panorama di Miami, fra fiere, musei, gallerie e shopping di lusso.
Il Miami Photo Fest, organizzato da Fuji Film, MIA (Miami International Airport) e Design District si sviluppa sui quattro piani del The Moore e prevede un ricco calendario di appuntamenti fra workshop, esibizioni, incontro con gli artisti, portfolio reviews, e tanto altro ancora, che si stemperano su cinque giorni, dal 27 Febbraio al 03 Marzo, 2019.
La fotografia, è stata riconosciuta a tutti gli effetti da musei ed istituzioni come arte visiva, che ha saputo nel tempo cambiare la propria mimesi da mera immagine che immortala un momento, a prolifico linguaggio sociale sul quale confrontarsi e discutere: è con queste premesse, che si apre l’esibizione.
Entrando nel The Moore lo street-photographer, membro del Magnum Photo, Bruce Gilden occupa l’intero primo piano dello stabile e rapisce gli occhi con le sue immagini potenti e inequivocabili che ritraggono i personaggi in primo piano fotografati con il flash puntato in faccia. Affascinato dalla gente di strada e dall’idea di spontaneità visiva le opere di Bruce Gilden si dividono in due sezioni: Only God Can Judge Me, realizzate ad Overtown Miami, sulla destra e Farm Boy and Farm Girl sulla sinistra. Immagini potenti e dai colori accesi, vivi. Racconti di vita vissuta, mischiata alla violenza ed alle droghe a cui non serve il giudizio umano a tirare le fila, ma anche racconti di vita di un uomo che decide di abbandonare la propria comfort-zone cittadina (lui, newyorkese) per raccontare la storia della gente rurale della Middle America, l’America contadina, quella che non balza sulle prime pagine né dei giornali né tantomeno dei siti turistici, e parla attraverso i volti della gente.
Al secondo piano la fotografia di Antoine d’Agata, altro Magnum member, in mostra con due progetti: CODEX America, in esposizione con un’antologia controversa di immagini composte dal 1986 al 2017 e la video-installazione WHITE NOISE, che ne segnano il primo assolo in terra americana. Mentre in CODEX, il fotografo francese rappresenta la violenza becera della società con un collage di immagini carnali virate prevalentemente al rosso, in cui si percepisce il parossismo verbale e fisico, la brutalità sociale che dilaga ma che non può fermare l’artista nello scatto sociale che ne cattura e ne denuncia la violenza. In WHITE NOISE le scene sono rappresentate con video registrati in una ventina di città ed offrono una panoramica orizzontale sulla violenza dilagante che non risparmia nessun tipo di società: momenti di paura, di scene di droga e sesso violento.
Roger Ballen, con i suoi quarant’anni di fotografia alle spalle rappresenta The Theatre of The Absurd: 105 fotografie scattate tra il 1970 e il 2013 ed ispirate al teatro degli assurdi, in cui introduce la sua fotografia accompagnata da disegni, pittura e graffiti, a metà tra l’arte brut coltivata da Jean Dubuffet e la serie di fotografie Graffiti di Brassaï. Un mondo vulnerabile a qualsiasi evento anche se logicamente incomprensibile, che deturpa la realtà impoverendola di idee, di purezza di significati e di propositi.
Immagini in bianco e nero per Andy Summers, l’ex chitarrista dei Police che nelle fotografie della serie The Bones of Chuang Tzu rappresenta ballerine e musicisti compiendo un percorso fatto di immagini sulla Cina, alla ricerca di un epoca antica ed originale.
Noto per le sue fotografie monocromatiche ad alto contrasto, Ralph Gibson presenta la sua Vertical Horizon con una nuova serie di grandi dipinti ricca di colori, totalmente differente dalle sue opere classiche, in bianco e nero per le quali è celebrato. Un confine delicato il suo con linee e volumi a metà fra arte grafica ed astrazione, ed esaltato dal formato verticale delle sue fotografie.
Al terzo piano il lavoro rivelatore dell’australiana Karry Payne Stanley con More Beautiful Broken: piccole fotografie, una raccolta di saggi fotografici intimi che danno voce ai molti che soffrono in silenzio. I suoi progetti esplorano i temi della nascita e della morte.
Renée Jacobss propone womenSEEwomen: una collezione di immagini appartenenti 9 donne differenti, mistiche ed eteree e che raffigurano le donne in modi veritieri, crudi e risonanti.
Se è vero che il volto è la parte per il tutto della persona, la nostra identità, il tema affrontato da Maggie Steber e la sua Story of the Face, affronta la storia di Katie Stubblefield, studentessa di 18 anni che perde il bel viso durante un tentativo di suicidio dal quale si salverà deturpando però volto e che nel 2017, ha ricevuto in donazione il viso di un trentunenne morto di overdose diventando la più giovane destinataria di un trapianto facciale di tutta la storia. Le immagini forti di Maggie Steber affrontano il tema nel modo più schietto e onesto possibile, passando per l’agonia fisica di chi è sottoposto all’operazione, alla rabbia dovuta all’incapacità di riconoscersi nelle nuove sembianze.
Maria Daniel Balcazar con Kilombo propone un foto-documentario che cattura l’essenza della vera cultura brasiliana, abbattendo pregiudizi e barriere razziali e bilanciando la brutalità con le attività educative che si mescolano tra vitalità dell’eredità africana e la ricchezza del sincretismo brasiliano.
Iris PhotoCollettive è una collettiva composta da quattro foto-giornalisti che hanno deciso di rappresentare e diffondere le storie di persone di colore di tutto il mondo aggiudicandosi due Pulitzers e tre Robert Fitzgerald Kennedy Journalism Awards. In esposizione con Still Images Still Matter i frame si fermano su una società in cui tutto procede a ritmi troppo veloci causando un’eccessiva saturazione degli stimoli visivi. Ma cosa succede se si rallentasse la presa e smettessimo di trattare i nostri soggetti come semplici oggetti visivi? Immagini futuristiche in cui il movimento è fissato nelle immagini in movimento.
Le immagini di merchandise del Leica Cameras Ambassador Mathieu Bitton, con Ascension, ritraggono Lenny Kravitz fra concerti e fuori scena e sono collocate sulle scale fra il terzo e il quarto piano ed aprendo la scena alle immagini di un grande esponente della fotografia documentarista e pubblicitaria dei nostri tempi: Elliott Erwitt. Membro Magnus di lunga data, Elliott Erwitt propone le sue immagini caratterizzate da situazioni ironiche e assurde della quotidianità. Al Miami Photo Fest sono esposte per la prima volta negli Stati Uniti d’America, le immagini della serie Paris: incorniciate dalle cornici disegnate da Chanel: una sorta di lode alla città che gli ha dato i natali. Erwitt, andando oltre i soliti cliché turistici alterna agli imponenti monumenti, il fascino della Ville Lumiere quotidiana alternando dettagli intimi con vedute e catturandone il sapore vero.
Ole Marius Jorgensen, affascinato dalla narrativa di Stephen King e dalla regia di Steven Spielberg con la serie A Long Forgotten Nocturne, utilizza la luce teatrale e la giustapposizione di colori vivaci per enfatizzare il mistero e la dualità della vita rurale nel mondo moderno come un astronauta che stupisce lo spettatore trovandosi in paesaggi inaspettati e totalmente fuori dalla logica.
Uno sguardo intimo sulla vita degli abitanti delle città e sulla loro solitudine è quelle di Aristotele Roufanis che con le immagini di grandi dimensioni della serie Alone Together aspetta pazientemente che la città si addormenti per coglierla con click. Un un processo che può richiedere diverse ore, ma che regala contrasti e informazioni che si possono raccogliere leggendo un paesaggio urbano. Alone Together combina diversi temi che sono comparsi nei lavori di Aristotle Roufanis, ingegnere civile, che li fonde in modo abile e raffinato: scene notturne che si completano di poche luci in contrasto con l’oscurità, che fa perdere alle immagini la profondità diventando piatte, come un velo che protegge la tenera umanità nascosta dietro.
Uso di effetti scenici e colori desaturati sono quelli utilizzati dal duo Formento+Formento, composto da Richeille e BJ, che espongono i Japan Diaries: una serie di immagini dal 2013 ad oggi, in cui la misteriosa sensualità dello stile rivela il fascino per la finzione e la realtà, dove il senso del luogo è in primo piano e creando fotografie cinematografiche, quasi antropologiche, con una visione che rimanda al passato ma rimane contemporanea e molto originale. Le immagini altamente sceniche evocano molti riferimenti al il cinema giapponese degli anni Cinquanta, alle fotografie di Nobuyoshi Araki, alle stampe xilografiche Ukiyo-e Edo e all’immaginario erotico dei dipinti di Ero Guro. Come osservatori esterni, le immagini stilizzate di Formento esplorano le dicotomie che incarnano gli abitanti del Giappone moderno confondendo l’estetica tra tradizione e modernità, tra fantasia e realtà. Ogni immagine dei Japan Diaries è come se fosse presa da un film noir giapponese in cui, in ogni figura solitaria brama qualcosa di sconosciuto.
Oltre agli artisti ospiti durate la Miami Photo Fest, Fuji ha premiato con l’International Emerging Photographi Awards,: Hardijanto Budiman da Jakarta, Indonesia per la serie single e Alberto dell’Hoyo, di La Orotava, Spagna per serie competition.
Scopo dell’International Emerging Photographi Awards è quello di promuovere i fotografi a creare nuove opportunità di scopertà abbattendo le barriere creative e superando se stessi.
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