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Il museo di arte contemporanea The Bass di Miami Beach inaugura l’esposizione di Sheila Hicks, Campo Abierto (Campo Aperto) dal 13 Aprile al 29 Settembre.
La mostra è ispirata alla riconfigurazione di Escalade Beyond Chromatic Lands (2016-2017), la vasta installazione prodotta dall’artista per l’Arsenale alla Biennale di Venezia nel 2017, attraverso la quale le sue opere si sono unite all’architettura fino a fondersi fisicamente nei vecchi muri dell’Arsenale creando stupore fra i visitatori che hanno assistito all’irrompere colorato di materia tessile fra le crepe dei muri e in balle di colore che sembravano letteralmente sbalzate fuori dalle pareti del soffitto. Quella al The Bass, a distanza di due anni è l’installazione più simile fatta da allora.
L’intervento che Sheila Hicks realizza nei siti sui quali interviene e il suo modo di giocare con le proporzioni e le installazioni site-specific sono incredibili: Nel The Bass museum, i lavori di Sheila Hicks, che comprendono opere tessili a due e a tre dimensioni, fanno irruzione al piano superiore del museo trasformando nello stesso modo l’architettura dello stabile in uno sconvolgente assemblaggio di tessuti colorati avvolti e lavorati in modi assolutamente non canonici.
Sheila Hicks nasce in Nebraska nel 1934 e consegue il suo BFA e l’ MFA all’Università di Yale, dove diventa la pupilla dei coniugi Josef e Anni Albers, entrambe ex professori della Bauhaus. Sia l’anziano professore, che la moglie hanno avuto grande influenza su di lei: lui con la sua teoria dei colori, e il saggio l”Interazione dei colori (1963) con il quale la Hicks studierà i fattori fisici e gli effetti psichici che ne derivano dalla percezione umana; lei, artista tessile con il debole per l’arte tessile peruviana, che con gli esperimenti a base di immaginazione, alghe, sabbia, rami, conchiglie, persino scheletri di pesci la incentiverà ad espandere la portata della tessitura con l’utilizzo di materiali e metodi innovativi.
Frutto della casualità degli eventi o semplice similitudine, l’ottenimento della borsa di studio Fulbright nel 1958, le consentirà di andare a dipingere in Cile dove svilupperà l’interesse per le fibre tessili che la porteranno a viaggiare in destinazioni sparse in tutto il mondo: Affascinata dalle culture locali infatti visiterà il Messico, nel quale vivrà per alcuni anni, Irlanda, Germania, Arabia Saudita, Giappone, Sudafrica, Marocco e India, per poi fare la spola tra i due studi: quello di Parigi dove si trasferisce nel 1964 e quello di New York dove vive con l’attuale terzo marito.
Ha esposto in molte collettive e personali, fra le quali: la Biennale di Venezia 2017, la Whitney Biennial 2014 a New York e la Biennale di San Paolo nel 2012 in Brasile. Le recenti presentazioni soliste includono: Lignes de Vie al Centre Pompidou, Parigi (2018); Discussioni gratuite 1954-2017, Museo Amparo, Messico (2017); Pêcher dans La Rivière, Alison Jacques Gallery, Londra, Regno Unito (2013).
Nel 2010 una grande retrospettiva del suo lavoro, Sheila Hicks: 50 Years, ha debuttato alla Addison Gallery of American Art e ha viaggiato per l’Institute of Contemporary Art, Philadelphia e il Mint Museum di Charlotte, NC.
Per Sheila Hicks il potere seduttivo dei colori è una forza trainante che si completa con l’utilizzo dei materiali più disparati che affiancano il cotone, il lino, la seta, la lana, il cashmere, il raso e la rafia ad oggetti di recupero trovati per caso, un lembo di stoffa, i tessuti che usano le nurse, bottoni e fili di nylon piuttosto che bambù. I materiali compongono indistintamente le sue creazioni siano esse sculture, installazioni site-specific, disegni tessili per creazioni industriali, commissioni architettoniche o miniature, che nel vocabolario di Sheila Hicks sono non la riduzione di un qualcosa ma in senso più generale un qualcosa di più piccolo, che sono in grado di mettere in luce sia l’architettura nel complesso che l’installazione che gode altresì di vita propria.
La personale di Sheila Hicks al the Bass Museum comprende opere composte dal 1960: quasi 60 anni di lavoro in cui è messa in luce la sua arte come la capacità di usare tecniche artigianali e tradizionali per sviluppare una pratica che attraversa i confini artistici fino a superare le barriere di quello che doveva essere un lavoro ad esclusivo appannaggio femminile per le donne che lavoravano a maglia nell’attesa che il marito rincasasse.
In esposizione lavori più o meno recenti: da Racine de Culture (Roots of Culture) del 2018 in cotone, lana, lino seta, fibre e bambù, che accoglie lo spettatore al piano inferiore del museo: una sorta d benvenuto che vibra nell’aria ed il cui titolo punta l’attenzione sull’impegno che il Bass Museum dispensa a favore dell’integrazione multiculturale della città di Miami, luogo multilingue in cui si muovono onde e modelli di immigrazione complessi accanto a preoccupazioni ambientali. Sulle scale, La Mémoire, del 1972, un telaio in lino, seta e cotone, che accompagna lo spettatore al primo piano dove sono allestite opere scultoree, fra le quali Reprisage Répertoire, del 1977 in lino: tre drappeggi assemblati tra scorci di tagli e luce in penombra che ne evidenziano la lavorazione e il drappeggio. Dono dell’artista, l’opera è conservata al Cleveland Museum e contrasta totalmente con i colori accesi di Wow Bush/Turmoil in Full Bloom del 1977 in cotone, disposta di fronte a Struggle to Surface del 2016, dalla tessitura e ricamo in lino e ramie.
I colori, maestosi irrompono nelle sale su grandi dimensioni e in modo tutto particolare è questo il caso di Escalade Beyond Chromatic Lands, proposta alla Biennale di Venezia nel 2017, e composta da balle di colore naturali e sintetiche, che si espandono nella stanza fra due arazzi rossi intervallati dal un rettangolo e una striscia scuri, uguali e simmetrici; la colonna di colore Questioning Column, del 2016 in pigmento puro e acrilico è composta da fili di tessuto aggrovigliati che mettono in risalto le altezze degli spazi, Varmayana (The Place of Shining Light) è invece un’opera del 2018 che si compone di 31 elementi di diametro variabile così come da diversi materiali: lino, cotone, lana, nylon, acrilico, sisal (derivante dall’agave messicana), seta e fibre sintetiche: di diametro variabile e dai colori diversi che allestiscono la parete quasi a farne dei punti, delle idee in movimento che prendono forma e colore unendosi a materiali più svariati la cui preparazione ha richiesto la costruzione di opere con scale cromatiche su acquarello, visibili all’esibizione son incorniciate in quadri. Si intitola Moroccan Prayer Rug/Nejjai, 1972 il tappeto in lana naturale di grandi dimensioni del 1972 che occupa l’intera parete della sala e che richiama i colori del Marocco, mentre l’opera Palm, un tappeto tradizionale, del 1984-1985, in lana, cotone, raso, seta e lino è un omaggio alle terre tropicali.
L’opera sul bianco Badagara del 1966, in tessuto di cotone candeggiato e ricamato a Kozikodi, (India), è un ricamo corposo e raffinato, esposto a fianco di altre opere sul bianco: Grand Kaleidoscope del 1988 in lino e cotone, Silencio del 2016, in lino e lana e il recente Entourer del 2019, in lino.
Molte le opere su commissione svolte per privati e gentilmente messe a disposizione per l’esposizione: Seal Beach del 2009 in lino, che fa parte della serie Dragonfly, appartenente a Sikkema Jenkins & Co. di New York l’opera è sui toni dell’azzurro, ed è stata composta celebrando i colori di Malibù, con il suo mare e i delfini; i tondi Sunrise del 1989 in lino e febbre sintetiche su toni di rosso, di proprietà della Collection Melvin Bedrick di New York e After the Rain del 2013 per cortesia dalla Galleria Frank Elbaz, di Paris e Dallas. Il curioso Labyrinth in lino e cotone della collezione Malvin Bedrick di New York e il più complesso e astratto Labyrinth of Communication,del 1991 in lino, seta, lana, cotone, Linen, silk, wool, cotton, e filo metallico avvolto, prestato dal Minneapolis Institute of Art, dono dell’artista e Target Corporation.
Oltre a queste opere di grandi e medie dimensioni la scultura: Menhir, del 1998-2004 composta in lino, cotone e acciao inossidabile giocata sui toni dell’antracite e Pêcher dans la Rivière del 1989-2013, in lino, è un’evocazione il cui moto dell’acqua che scorre è giocato dall’intervallarsi di trecce sui toni del bianco che rendono perfettamente il senso dello scorrere dell’acqua mentre al suo interno ci sono attrezzi in ferro per la pesca originali del 1700. Fra le piccole opere in esposizione, composte sul suo onnipresente telaio, che porta ovunque, anche in aereo, e rappresenta per lei un sia il momento creativo, che un metodo di rilassamento: Cour de Rohan Autumn, in lino, cotone, lana e ramoscelli; La Folié en la liberté, in cotone, lino, lana e seta; Fortuitous Meeting, in lana, lino, cotone, e spolette di porcospino, tutte composte nel 2018 e Struggle to Surface, in cotone e lino composto nel 2015.
Al visitatore non rimane che entrare fra gli spazi del Bass e lasciarsi conquistare da le bande de couleur e dall’aurea che gli stessi colori sprigionano in un modo unico di tessere insieme tradizioni non occidentali a forme moderniste, eredità Bauhaus e aspetti anticonformisti rendendo l’opera equilibrata di Sheila Hicks a metà fra arti applicate e arte contemporanea.
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