La famiglia Rubell inaugura il Museum Contemporary Arts Foundation: quando l’arte si tramanda di generazione in generazione.

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Una passeggiata con la grande famiglia Rubell tra le mura della nuova, splendida, sede espositiva della collezione di famiglia che ha aperto ufficialmente le porte al pubblico (gratuitamente per tutta la settimana della Miami Art Week), il 4 Dicembre. 

Il Rubell Museum Contemporary Arts Foundation, ha cambiato denominazione (inizialmente Rubell Family Collection), per evitare, come ha sottolineato Mera Rubell, che si interpretasse in modo fallace la vecchia dicitura collezione di famiglia, più volte intesa come proprietà privata e di conseguenza non accessibile al pubblico, niente di più sbagliato visto che i Rubell considerano una missione far conoscere alla gente la storia dell’arte contemporanea attraverso le loro opere. La nuova sede espositiva si estende su una superficie di 100.000 piedi quadrati nel quartiere di Allapattah, più del doppio rispetto al building che ospitava la vecchia collezione nella vicina Wynwood. Questo a consentito ai Rubell di avere abbastanza spazio sia per l’installazione di mostre temporanee che per le esposizioni di lunga durata.

Fondata nel 1964 a New York City da Mera e Don Rubell, la collezione Rubell è una delle collezioni d’arte contemporanea private più grandi del mondo, che ha assunto la denominazione di Contemporary Arts Foundation nel 1994 con il figlio Jason Rubell, alla guida della fondazione  con l’intento di espandere la missione pubblica della collezione: Ogni anno infatti la fondazione Rubell oltre a presentare mostre tematiche con alcuni pezzi della collezione (supportate dai relativi cataloghi) presta intere collezioni ai musei sparsi in tutto il mondo. 

Jason Rubell, Don Rubell and “ Sleeps” by Kehinde Wiley on the right wall.

Sullo sfondo dell’apertura della nuova sede espositiva, studiata dal rinomato studio Selldorf Architects fondato da Annabelle Selldorf di New York, per l’occasione presente all’evento, c’è l’altrettanto affascinante storia che pone le fondamenta alla Collezione Rubell. Quando hanno cominciato a collezionare arte nel 1964 Mera e Don Rubell erano sposi novelli e mentre Don frequentava la scuola di medicina Mera era un insegnante di scuola materna che guadagnava $ 100 a settimana. Appassionati e fiduciosi riguardo l’importanza che l’arte ha per la società, da che c’è storia nel mondo, hanno deciso di investire un budget di $25 mensili per l’acquisto di opere d’arte dagli artisti di cui avevano visitato gli studi, molto spesso con un piano di pagamento ratealizzato. Le loro lunghe passeggiate per gli studi artistici nei quartieri di New York divennero il loro passatempo preferito da fare nel weekend. 

A differenza dei figli, Mera e Don Rubell non hanno avuto una preparazione formale di base ma facevano, e fanno tutt’ora all’oggi supportati dal figlio Jason, riferimento esclusivamente alla conoscenza diretta degli artista e alla frequentazione dei loro studi che gli consente di percepire tutto un insieme di emozioni e sensazioni non vendibili. Se il figlio Jason è parte attiva nella fondazione, la figlia Jennifer è artista a pieno titolo e vive a New York dove ha il suo studio. È divertente sentire Mera raccontare aneddoti circa l’infanzia dei suoi figli, cresciuti visitando musei con la promessa che ogni quattro musei veniva loro concesso come premio un gelato. 

A series of works by Thomas Houseago 2006-2008.

Dopo cinque decenni, da allora, la famiglia Rubell, ha accumulato una collezione di 7200 opere di oltre 1000 artisti: una fiducia nell’istinto a tutti gli effetti ben riposta.

A Mera e Don Rubell va senza ombra di dubbio riconosciuto il merito di aver dato credito a giovani artisti sconosciuti, come avviene ancora al giorno d’oggi: I Rubell hanno dichiarato infatti di non avere una persona che funge da intermediario, orientandoli sull’acquisto delle opere in relazione al valore di marcato, ma di continuare nella buona e sana abitudine di conoscere e frequentare gli studi degli artisti soprattutto di quelli non ancora affermati, diventandone così i primi fautori del loro successo. 

I Rubell hanno il merito di aver lanciato nel panorama internazionale l’allora sconosciuto Keith Haring, e di averne alleviato le pene invitando a pranzo i genitori di modo che potessero veder con i loro occhi che le opere del figlio erano state acquistate, dimostrando di conseguenza che era riuscito a guadagnarsi  da vivere con la sua arte di strada.  I Rubell sono stati tra i primi ad acquistare anche le opere di Cindy Sherman, Richard Prince, Jean-Michel Basquiat, Mickalene Thomas, Candy Nolan e la prima opera scultorea di Jeff Koons: New Hoover Deluxe Rug  Shampooer (1979), 

The Piece Has No Title di Cady Noland (1989)

La collocazione delle opere nel nuovo polo museale presenta, oltre alle ultime arrivate in casa Rubell e terminate giusto un paio di giorni prima dell’apertura, le opere dell’artist in residence, il talentoso Amoako Boafo, dal Ghana,, l’installazione di opere che raccontano in fin dei conti la loro storia e la storia dei figli, fatta di artisti, momenti e movimenti chiave in alcuni centri vitali negli ultimi 50 anni: East Village, Pechino, Los Angeles, Lipsia, San Paolo e Tokyo. La mostra inaugurale comprende oltre 300 opere di 100 artisti, tra i quali  Ai Weiwei, Carrie Mae Weems, Anselm Kiefer, Barbara Kruger, e anche artisti recentemente acquisiti, come Allison Zuckerman.  Tutte opere sono estratte interamente dalla loro vasta collezione perchè il principio fondamentale su cui si basa la collezione Rubell è quello di mostrare solo ciò che possiedono.

La nuova sede espositiva, tutta su un piano, è suddivisa in 40 gallerie, e comprende una straordinaria libreria che vanta oltre 40.000 titoli. Oltre a questo ci sono un negozio, sale per eventi e spettacoli e il ristorante LEKU, che aprirà a gennaio e servirà cucina della regione basca settentrionale della Spagna. La nuova struttura sarà inoltre attenta all’ambiente poichè è stato ripristinato, nei giardini adiacenti il museo, l’habitat lussureggiante della Florida, un tempo abbondante in tutte le Everglades con la piantagione di specie anche rare, corredate ciascuna da un’etichetta botanica che la descrive. 

The fabulous library

I punti salienti dell’installazione aperta al pubblico e gratuita per tutta la Miami Art Week sono: 

– Opere acquisite dai Rubell all’inizio della loro carriera artistica, tra le quali: Untitled Film Still (# 21) di Cindy Sherman (1978); New Hoover Convertible di Jeff Koons (1980); Statue of Liberty di Keith Haring (1982); K-9 Explosion di George Condo (1986); Untitled, di Rosemarie Trockel (1986); Untitled (cowboy) di Richard Prince (1987); The Piece Has No Title di Cady Noland (1989); Burkhard Riemschneider di Elizabeth Peyton (1995) e Untitled di Kerry James Marshall (1998-1999). 

L’opera di Cady Nolan in particolare, afferma Jason: “È un pezzo fondamentale perchè ha cambiato radicalmente la filosofia e la visione dell’arte della famiglia che si è evoluta con l’obbligo morale di rendere pubblica l’intera collezione Rubell”.

– Pittori americani il cui lavoro è incluso nella mostra itinerante 30 Americans, quest’estate in esposizione al Nelson Atkins Museum di Kansas City (MO), che include artisti come: Nina Chanel Abney, Rashid Johnson, Henry Taylor, Hank Willis Thomas, Mickalene Thomas, Carrie Mae Weems, Kehinde Wiley, Purvis Young;

  Artisti tedeschi, con opere di Isa Genzken, Anselm Kiefer, Neo Rauch e Paloma Varga Weisz;

– Una personale dell’ultimo artist in residence Amoako Boafo e opere commissionate dai Rubell dagli artists in residences durante la loro permanenza: Jonathan Lyndon Chase, Lucy Dodd, Cy Gavin, Sonia Gomes, Oscar Murillo, Sterling Ruby e Allison Zuckerman.

  • Due installazioni immersive di Yayoi Kusama: tra cui Where the Lights in My Heart Go (2016), e Infinity Mirrored Room – Let’s survive Forever (2017).
  • Le installazioni di artisti contemporanei di Los Angeles, con opere degli anni ’80 e primi anni ’90: John Baldessari, Mike Kelley, Barbara Kruger, Paul McCarthy, Catherine Opie, Charles Ray e Kaari Upson. 
  • Una selezione di lavori da 100 studi visitati dai Rubell in Cina nel periodo compreso tra il 2001 e il 2012 con artisti come Ai Weiwei, Qui Zhjie e Zhu Jinshi.
Infinity Mirrored Room – Let’s survive Forever by Yayoi Kusama, 2017.

La famiglia Rubell, offre alla sua città di adozione: Miami, la possibilità di studiare la storia dell’arte contemporanea vivendola e osservandola in prima persona nell’evolversi del suo tempo, perchè come dice Mera “L’arte contemporanea non può essere studiata se non può essere vista”, ribadendo l’importanza del museo come luogo dove i giovani possono conoscere l’arte giovane fruendone direttamente.

Per finire i ringraziamenti della splendida famiglia Rubell nei confronti di tutto lo staff, in particolare a Juan Roselione Valadez, direttore del museo, che da molti anni lavora al loro fianco svolgendo un lavoro eccellente, ma anche a Bank of America, loro partner da oltre un decennio e all’architetto Annabel Selldorf che, come dice Mera: ”È riuscita nell’intento di unire sei box (buildings) che servivano come storage nella fiorente comunità di Allapattah attraverso i quali ha costruito (in senso figurato e non)  finestre sul mondo”. 

Mera Rubell, Juan Roselione Valadez (Director of the Museum), Jason and Don Rubell

In ultimo, Mera sorridente e forte della sua esperienza, offre qualche consiglio su chi si approccia al mondo del collezionismo: “Rimanere vivi, è fondamentale altrimenti è difficile perseguire l’obiettivo, rimanere sposati, perchè i divorzi non aiutano la crescita delle collezioni, mentre rimanendo sposati si ha inoltre la possibilità di crescere figli e nipoti nell’ambiente artistico, facendo diventare l’arte una questione generazionale, come la nostra arrivati a questo punto; infine, trovare la persona giusta con la quale condividere l’arte”. Un grande speech che racconta la filosofia Rubell.

Una grande possibilità quella offerta dalla famiglia Rubell alla città di Miami, che vale la pena visitare ed assaporare sia durante la Miami Art Week che dopo, dove i più fortunati, avranno la possibilità di camminare tra le sale espositive del museo senza il caos della Miami Art Week, assaporandosi ogni momento. 

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