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Parlare d’inverno a Miami può sembrare un paradosso eppure passeggiando tra le lussuose vetrine del Design District, che sta decisamente rubando la scena al Bar Harbor Shop, è facile imbattersi in caldi capi d’abbigliamento invernali, che sembrano cozzare con il clima tropicale della Florida, anche se analizzando la questione non è poi così difficile capirne il motivo. Miami è una zona di transizione per chi decide di regalarsi un viaggio glamour ai tropici, o una settimana all’insegna dell’arte che Art Basel e tutto l’entourage di fiere d’arte affini si porta con sé. Non è difficile quindi capire il perchè, pur vivendo in una città mediamente molto calda, le vetrine dei luxury brands seguono le canoniche stagioni nella realizzazione della vetrinistica.
In questo periodo in cui la Fashion Week impazza da una città all’altra, fantomatici manichini dalle fattezze quasi umane sono vestiti di tutto punto con mantelle, guanti, berretti e soprattutto cappotti. Folle guardare le vetrine invernali mentre le temperature esterne sfiorano i 40 gradi, ma se il cappotto in questione è un cappotto Max Mara, allora magari vale la pena entrare in boutique per respirare un pò d’aria fresca e lasciarsi conquistare oltre che dalla linea e dalle finiture anche dalla qualità impeccabile del tessuto.
Per una donna italiana il cappotto è per antonomasia il cappotto Max Mara color cammello in cachemire. Un evergreen irrinunciabile, un must have per le fashion addicted al quale non è possibile rinunciare neppure se si vive ai tropici, perchè con sole tre ore di aereo si arriva ovunque: dalla gelida New York City, alle Smoky Mountains e Maria Giulia Maramotti, ambasciatrice del brand e direttrice di Max Mara per gli Stati Uniti questo lo sa, a prescindere dalla location delle sue boutique, sparse in 105 paesi del mondo.
Per celebrare la stagione invernale di questo italianissimo brand Max Mara ha inaugurato la nuova collezione con un evento su invito dal nome evocativo che rimarca l’artigianalità del brand Max Mara Heritage Coats. Affiancata alla presentazione della collezione 2018/2019 l’evento benefico a favore della Little Dreams Foundation alla quale andrà, per ogni cappotto venduto e accompagnato da uno special gift Max Mara, una parte del ricavato.
In rappresentanza dell’associazione Little Dream Fondation la signora Orianne Collins, presidente e co-fondatrice con il marito Phil (si, il cantante) della fondazione che si occupa di dare un futuro a cantanti, artisti e sportivi talentuosi ma privi di possibilità economica aiutandoli a realizzare i loro sogni.
E tra un flute di champagne e uno stuzzichino, il tutto servito con estrema allure, le nuove versioni destrutturate, con cuciture a vista dai tessuti quasi impalpabili per morbidezza e leggerezza, fanno capolino dalle grucce in tanti colori differenti: dagli immancabili color cammello, blu e nero all’impeccabile bianco, lilla e rosso. Lungo fino alle caviglie, a tre quarti piuttosto che a giacca il classico cappotto sfida il capo cult del momento: il Teddy Bear, così chiamato per la texture furry.
Oltre ai cappotti, blazer, piumini, capi in pelliccia di coniglio Rex, dalla pelliccia folta, liscia e soffice al punto da sembrare chinchilla, e poi accessori: borse, scarpe sciarpe e occhiali.
Ma in mezzo a tutti questi capi, uno su tutti: l’iconico cappotto Max Mara, il modello 101801, dalla linea over, le maniche a kimono e la chiusura doppio petto. Realizzato in beaver di lana e cachemire è rifinito con cintura abbinata e label interna dedicata alla sua storia. Per la sua realizzazione sono richiesti 168 minuti di assemblaggio sviluppati in 73 operazioni.
Aperta nel Design District nel 2015 la boutique Max Mara è un brand italianissimo nato nel 1951 a Reggio Emilia ad opera di Achille Maramotti, nominato per il lustro portato al settore tessile Cavaliere del Lavoro. Il nome Max Mara deriva dal superlativo Max unito al diminutivo del cognome del fondatore Mara, Maramotti. Attualmente l’azienda che possiede anche i marchi Sportmax, Sportmax Code, Weekend Max Mara, ‘S Max Mara, Marella, Pennyblack, iBlues, e Marina Rinaldi (che prende il nome della bisnonna del fondatore) è gestita dai figli e opera con l’attenzione particolare degna del Made in Italy alla qualità e alla capacità di creare capi che valicano le tendenze del momento attraverso linee perfette, proporzioni assolute e tessuti pregiati.
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