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Il Sagamore Hotel di Miami Beach, conosciuto anche come Art Hotel per via del fatto che funge da piattaforma artistica, ha ospitato, in occasione della Miami Art Week la cerimonia di apertura dell’esposizione che prende il nome dalla fondazione, “I’m Not a Trophy” di Arno Elias. Fotografo, artista, attivista e personaggio poliedrico, rappresentato dalla galleria Markowicz Fine Art, con sede nel Design District, che rappresenta inoltre diversi altri artisti talentuosi come Carole Feuerman, Idan Zaresky e Alan Godon del quale è agente esclusivo.
L’esposizione, fra le sale del Sagamore Hotel, mette in evidenza oltre cinquanta opere di piccolo, medio e grande formato con le quali l’artista, attraverso la fondazione I’m Not a Trophy, vuole puntare il focus sulle specie animali in via di estinzione: leoni, gorilla, elefanti, tigri, giraffe e ghepardi, animali maestosi emblema della natura selvaggia, che ora rischiano di scomparire per sempre dalla faccia della terra, come i dinosauri. Ma se l’estinzione dei dinosauri è da attribuire ad un agente esterno, la colpa dell’estinzione di questi animali è esclusivamente dell’uomo, che per avidità ed egoismo, sacrifica il loro ambiente naturale per fare spazio a resort, asportandone carne, corni e zanne o peggio ancora per esporli come trofei di caccia da appendere orgogliosi ai muri di casa o sul pavimento a fianco del caminetto.
Un’ atrocità.
I’m not a Trophy, è una fondazione che nasce in collaborazione con la modella e ambasciatrice Cara Delevingne che si batte in prima persona a fianco di Arno Elias per evitare lo scempio delle specie in via di estinzione invitando, attraverso l’arte, la gente a riflettere prima che sia troppo tardi.
Estinzione che non riguarda esclusivamente il mondo animale ma anche le specie umana delle popolazioni indigene che vivono nelle zone ancora selvagge come guardiani della natura di un mondo oramai estraneo alla presunta civiltà. La fondazione I’m not a Trophy sta avendo una cassa di risonanza non indifferente al punto da essere stata invitata a presenziare quest’anno alla 74ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York.
La mostra di Arno Elias mette in evidenza opere d’arte che amplificano ancora di più la bellezza delle specie rappresentate. I lavori sono tratti dalle fotografie che Arno Elias scatta personalmente per poi stampare su carta per pigmenti d’archivio, talvolta usando la tecnica del double-point ossia sovrapponendo una combinazione di due immagini di cui una con un’opacità inferiore, e poi procede aggiungendo colori, texture, simboli e disegni che rendono ogni opera unica ed irripetibile. Una mostra corposa che mette in evidenza tutta la bellezza e la maestosità di un mondo destinato a perdersi e a rimanere per le generazioni future solo un racconto della memoria collettiva. ”Questa mostra d’arte parla dell’ultimo selvaggio, dell’ultima possibilità che abbiamo per agire prima che queste specie iconiche siano visibili solo allo zoo. Riguarda anche le culture indigene, sono per molti versi i guardiani della natura: senza le tribù, le corporazioni affrontano meno pressioni per rispettare l’ambiente. La terra ha perso il 60% della sua fauna selvatica negli ultimi 40 anni. Collettivamente, possiamo cambiare il corso della nostra fauna selvatica in via di estinzione sulla terra”, dice Arno Elias a proposito del progetto.
Per meglio far comprendere la gravità della situazione al visitatore Arno Elias ha aggiunto delle note informative nelle quali oltre a descrivere l’importanza della specie animale per l’ecosistema, offre, numeri alla mano, un’idea della situazione aberrante cui stiamo andando incontro: Il leone, il il re della foresta, il predatore capo, si stima che il numero di esemplari sia passato dai 450.000 del 1940 ai 20.000 dei giorni attuali. È cacciato come uno dei trofei di caccia più ambiti ed il leone maschio vale fino a $ 50.000; la tigre, caratterizzata dalle splendide striature sul manto ha perduto per sempre 3 delle 9 sottospecie che la caratterizzavano. Attualmente si conta che solamente 3000 tigri vivono nel loro ambiente naturale, è cacciata per il manto con il quale si fanno tappeti; la giraffa, si sta invece estinguendo in maniera silenziosa: è considerata un portafortuna e pertanto è imbalsamata e venduta ai collezionisti. È uccisa anche per estrarne il cervello e il midollo osseo che si ritiene erroneamente possano curare l’HIV/Aids. La terra ha perso negli ultimi 20 anni la metà delle giraffe esistenti. L’Elefante Africano è tra i più grandi e longevi mammiferi al mondo e si stima che ogni giorno vengano uccisi 100 elefanti per sottrarne le zanne in avorio che circolano nel mercato nero. Il 95% della popolazione di rinoceronti è invece scomparso negli ultimi 40 anni per via del commercio illegale del corno che può valere fino a $ 500.000: un valore più elevato dell’oro, dei diamanti e della cocaina. I ghepardi, gli animali più veloci della terra, dal 1960 ad oggi se ne contano 7100 e vengono sottratti per essere allevati come cuccioli lussuosi per gente benestante Infine i gorilla, il più grande primato capace di provare le stesse emozioni umane: gli adulti sono cacciati per mangiarne le carni selvagge o per essere imbalsamati come elemento d’arredo mentre i cuccioli invece sono desinati agli zoo o a diventare animali domestici.
Nulla di più straziante che merita un’azione immediata e alla quale la mostra di Arno Elias rappresenta una campagna visivamente unica e affascinante con la quale poter aiutare ad educare le nuove generazioni e convertite la gente alla riflessione in favore della causa. Una parte degli introiti delle opere esposte saranno devolute alla fondazione I’m not a Trophy, con la certezza che la coscienza umana possa essere ancora scossa, grazie alle immagini sublimi di Arno Elias.
(On the title, Leone, by Arno Elias. Masai Mara, Kenya. Hand-embellished photography).
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