This post is also available in:
Mentre i vari musei di Miami e Fort Lauderdale riaprono dopo la lunga chiusura dovuta al Covid-19, il FRIST Museum di Nashville ha chiuso le porte dell’esibizione “Quest for the Sublime” (Alla ricerca del sublime) la mostra che ha puntato i riflettori su uno dei più grandi e riconosciuti pittori paesaggistici d’occidente: Joseph Mallord William Turner (1775-1851). La mostra ha esposto dipinti ad olio, acquerelli e schizzi evocativi di uno dei più grandi artisti del romanticismo inglese. I pezzi dell’esibizione sono stati selezionati dalla Tate’s Turner Bequest: la più grande donazione di opere d’arte mai fatta alla National Gallery composta da quasi 300 dipinti ad olio e circa 30.000 schizzi e acquerelli, inclusi 300 album da disegno, lasciati in eredità dall’artista nel suo testamento che prevedeva però anche due clausole anticipatore al lascito. L’artista voleva infatti che le sue opere fossero conservate tutte insieme e che due delle sue opere ”Dido building Carthage” e “Sun Rising through Vapor” fossero conservate accanto a “Landscape with the Marriage of Isaac and Rebekah (The Mill)” e “Seaport with the Embarkation of the Queen of Sheba”, lavori del suo ispiratore e “competitor a posteriori” Claude Lorrain. Dopo diverse peripezie, che hanno incluso una disputa per l’eredità da parte dei nipoti, diverse battaglie, fra la quale quella di Waterloo e le numerose ricollocazioni, dal 2011 sono stata ripristinate in parte le condizioni dall’artista per cui i lavori di Claude Lorrain e le opere di Turner sono conservate insieme alla National Gallery.
L’importanza di Turner nella storia dell’arte inglese ha fatto si che l’artista venisse ricordato con il Turner Prize, il premio conferito dalla Tate Gallery all’artista, sotto i cinquant’anni, che si ritiene abbia dato valore significativo all’arte inglese. Premio che non è più conferito da tre anni a questa parte per motivi di significato dell’arte contemporanea rispetto all’arte di Turner.
Nato a Maiden Lane, Covent Garden, Londra, da una modesta famiglia J.M.W. Turner ha vissuto a Londra tutta la sua vita pur viaggiando molto (ben oltre la media del tempo) e sempre in solitaria, sia per l’Inghilterra che per l’Europa, soffermandosi in particolar modo in Svizzera e in Italia. I paesaggi delle Alpi hanno suscitato in lui un forte interesse che lo ha influenzato per tutta la sua vita. I paesaggi alpini erano stati infatti fra i soggetti preferiti rappresentati da due artisti francesi che Turner ammirava: Nicolas Poussin e Claude Lorrain. Lorrain in particolare ha instaurato in Turner una sorta di amore-sfida al quale si è ispirato nella realizzazione di diverse opere con le quali, contemporaneamente e senza averlo mai pubblicamente dichiarato, aveva istituto una sfida personale nella realizzazione di lavori che potessero risultare, a paragone, ancora più affascinanti.
J.M.W. Turner è stato pittore, e acquerellista di epoca romantica, la corrente artistica, che puntava sull’emozione e nata in risposta all’enfasi posta dall’Illuminismo sulla ragione. Del resto l’emozione è visibile nelle sue opere dall’utilizzo espressivo che fa del colore, ai paesaggi fantasiosi e soprattutto nei dipinti paesaggistici turbolenti e spesso violenti. I suoi paesaggi hanno infatti cambiato le sorti della landscaping art, disposta secondo la gerarchia dell’arte impartitagli da Joshua Reynolds -maestro della Royal Academy of Arts di Londra, dove ha studiato e con la quale è diventato famoso- in secondo piano insieme alla ritrattistica e allo still-life perchè considerati “mera trascrizione” della realtà, a differenza dei dipinti storici che documentavano avvenimenti storici, letterari, biblici e mitologici e che erano considerati come l’essenza pura dell’arte. La Royal Academy of Arts di Londra giocò un ruolo fondamentale per Turner che vi studiò ed espose annualmente con regolarità le proprie opere. Per le opere che erano “scartate” dalla Royal Academy aveva istituito una galleria personale nella quale esponeva e vendeva i suoi lavori a differenti collezionisti privati (e dai quali, in un secondo momento riacquistò le medesime opere, per avere un lascito maggiore da offrire alla National Gallery). J.M.W. Turner è stato in grado di dimostrare con il suo percorso artistico che un dipinto paesaggistico può avere la stessa complessità e lo stesso potere espressivo dei dipinti storici.
L’artista era molto schivo e solitario e pare che fra i motivi che lo portarono a essere molto riservato furono la malattia mentale della madre e il fatto che essendosi inserito nell’alta nobiltà, mostrare le proprie origini povere era per lui motivo di vergogna. Del resto però J.M.W. Turner aveva iniziato ad esporre proprio nella bottega del padre che orgoglioso del figlio era diventato, in seguito, suo aiutante e tuttofare. La bottega nella quale vendeva parrucche si trovava nei pressi di una zona ricca di studi di architettura e Turner finì per lavorare in uno studio di architettura: i suoi acquerelli fungevano da quello che è l’attuale rendering per i potenziali clienti che potevano così avere un’idea più chiara del lavoro ultimato. Imparò talmente bene il disegno architettonico che i suoi lavori erano continuamente richiesti e lui stesso cominciò ad inserire opere architettoniche nei sui dipinti immersi nella natura rigogliosa dell’Inghilterra, gli stessi paesaggi celebrati da versi di William Wordsworth, ricchi di architetture decadenti dal sapore medievale.
J.M.W. Turner ha raggiunto nei suoi lavori preparatori, condotti fra Inghilterra ed Europa, l’apice della maestria nella tecnica ad acquerello: lui ed altri hanno portato questa tecnica alla celebrazione e alla promozione dell’acquerello come “arte nazionale” distintamente inglese.
Cominciò in seguito a lavorare ad olio, partendo dalle basi dell’acquarello con il quale faceva dei dipinti in plein air, che rielaborava poi in seguito nel suo studio. Turner non aveva un metodo preciso con il quale procedere: semplicemente aggiungeva strati di colore fino a ché non riusciva ad elaborare l’immagine che aveva in mente. Per rifinire poi l’immagine usava colori a corpo, gomma, penna, inchiostro e usava l’unghia del pollice per grattare il colore fino a trovarne il bianco della carta che serviva per lumeggiare l’opera. Viaggiando ed entrando in contatto con la maestosità della natura nacque in lui piano piano l’idea dell’”estetica del sublime”. L’estetica del sublime investe essenzialmente il rapporto dell’uomo con la natura ma il concetto di J.M.W. Turner è in opposizione alla concezione classica del “bello”: per l’artista come per i romantici, la natura non è immutabile e pervasa di pacata grandezza come quella dei pittori neoclassici, ma è scossa da un’infinita energia distruttiva e creatrice al tempo stesso, che la trasforma incessantemente; ad essa corrisponde specularmente la natura umana, che non è arida razionalità, ma è piuttosto un tumulto di sentimento, istinto, passione. L’estetica del sublime è visibile soprattutto nei suoi paesaggi marini verso i quali era fortemente attratto.
Diventato famoso iniziò a collaborare con alcuni editori ed incisori per produrre una serie di vedute, la prima di queste serie fu “Vedute pittoresche della costa sud dell’Inghilterra”, pubblicata a fascicoli. Oltre ad essere un artista, essendo cresciuto nella bottega del padre, era anche un uomo d’affari e con le sue illustrazioni i libri vendevano di più di conseguenza riusciva a fare leva sugli editori con clausole gravose vista la sua pignoleria.
Benché la maggior parte degli storici affermano che la maturazione di Turner sia avvenuta dopo il soggiorno in Italia intorno agli anni ’20 dopo la sua morte furono trovati molti dipinti e bozzetti fra i quali alcuni non finiti e bozzetti colorati (color beginnings) che dimostrano come la sua fase sia cominciata prima del viaggio. Turner passò dai suoi paesaggi naturalistici in verde e marrone al giallo come colore dominante della tavolozza. Per i suoi acquarelli ha utilizzato per oltre 15 anni una carta color azzurro che fungeva da mezzotono perfetto per le sfumature dell’acqua e del cielo e che gli consentiva di utilizzare colori complementari in maniera totalmente nuova, anticipando di quasi un secolo i Fauves (approx. 1905).
La fase matura di Turner consiste nell’evoluzione del suo stile personale, come aveva fatto Tiziano, del quale era fervido ammiratore, in particolare Turner smette di utilizzare le linee contorno in favore di macchie di colore di diverse gradazioni con le quali rappresentava gli oggetti dell’opera. Secondo il critico d’arte John Ruskin a tal proposito definì l’opera “Ulisse schernisce Polifemo” come:”Il quadro centrale della carriera di Turner”, superiore persino all’opera “L’incendio delle Camere dei Lord e dei Comuni”, 16 Ottobre, 1934). Turner era solito esporre opere incompiute che ultimava in sede di esposizione anche i base alle opere che circondavano l’artista, eclissandone i colori con colori più brillanti, in particolare quelle del contemporaneo, amico e rivale John Constable. Tra i vari temi affrontati sul finire dei giorni ricorre spesso il confronto tra Londra e l’antica Roma, tema ospitato anche dalla Royal Academy alla quale Turner prese parte. La sua opera più famosa a riguardo è Giulietta e la Balia, del 1836 in cui l’artista rappresenta simbolicamente il dramma “Romeo e Giulietta” di Shakespeare, con una resa magica dell’uso dei colori. Poetica è anche la rappresentazione di un battello a vapore destinato alla demolizione in un epoca in cui i treni avevano scansato l’attenzione sui battelli a vapore, nell’opera “La valorosa Temeraire all’ultimo ancoraggio per essere demolita del 1838”.
.