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“Believe in Artist!” è il motto della United States Artists -USA-, l’organizzazione nazionale con sede a Chicago, nata nel 2006 e istituita dalle Fondazioni Ford, Rockefeller, Rasmuson e Prudential con il contributo di numerosi partners, fra i quali la Andrew W. Mellon Foundation, la John S. and James L. Knight Foundation e la Kenneth Rainin Foundation.
Lo scopo dell’organizzazione è quello di sopperire alla mancanza di fondi destinati agli artisti facenti parte delle seguenti discipline: architettura e design, artigianato, danza, film, media, musica, teatro e performance, arti tradizionali, arte visiva e scrittura. La USA Fellow ha pertanto deciso di istituire delle fellowship del valore di $50.000 in contanti, che gli artisti nominati possono utilizzare senza alcun vincolo, a proprio piacimento: per ampliare il proprio lavoro, pagare l’affitto o ottenere l’assistenza sanitaria, per esempio.
Il processo di selezione è messo a punto da un team diversificato di professionisti e richiede un anno intero per essere completato. La fellowship non è elargita sulla base di un singolo progetto ma sulla pratica costante degli artisti. I temi fondamentali nell’assegnazione delle fellowship sono: la pratica sociale, l’istruzione e la pedagogia coadiuvati dall’audacia di visione del singolo individuo. Una volta nominati gli artisti vincitori devono presentare un saggio sull’importanza che la loro pratica rappresenta per se stessi.
Nel corso degli anni l’organizzazione ha premiato più di 750 artisti e operatori culturali con oltre 36 milioni di dollari di sostegno diretto, fra loro: la pittrice e artista visiva Howardena Pindell (2020), il compositore e trombettista creativo Wadada Leo Smith (2021), la ballerina e coreografa Alice Sheppard (2019), e molti altri ancora. Bisa Butler, vincitrice nella sezione artigianato del 2021, dice a riguardo: “Essere scelta come United States Artist Fellow è stato un cambiamento di paradigma per me. Molte volte noi artisti siamo limitati nella nostra creatività perché siamo ansiosi di sapere da dove verranno i nostri fondi. Avere questo premio mi ha permesso di sentirmi coraggiosa nelle mie decisioni e mi ha reso parte di una comunità ricca di menti creative.”
Dal 2019, inoltre, oltre alle Fellowships, la United States Artists, propone il Premio Berresford: un premio senza restrizioni di 25.000 dollari offerto ad un operatore culturale che ha contribuito significativamente al progresso, al benessere e alla cura degli artisti nella società.
L’edizione 2022, è la più grande nella storia dell’istituzione e sono stati premiati ben sessantatré artisti provenienti da ventitré stati e da Porto Rico. La composizione della classe 2022 rappresenta anche l’impegno crescente, volto ad elevare e amplificare le voci sottorappresentate, fra le quali: gli artisti nativi e indigeni, i disabili, gli artisti della comunità nera e i migranti. “Questi sessantatre borsisti sono rappresentativi della magnifica gamma di discipline e della diversità degli artisti presenti nostra nazione,” ha dichiarato Ed Henry, presidente del consiglio di amministrazione degli USA. “Gli artisti vivono e lavorano in ogni comunità di questo paese e noi vogliamo sostenerne il maggior numero possibile”, ha dichiarato invece Judilee Reed, neo-proclamato presidente e amministratore delegato di USA.
Fra i vincitori dell’edizione 2022, ci sono tre artisti di Miami: l’architetto Germane Barnes, il fotografo Robert Andy Coombs e la regista Keisha Rae Witherspoon. Miami Niche ha voluto scoprire il significato di questo premio in relazione alle pratiche degli artisti vincitori e il loro contributo alla società.
Germane Barnes, fondatore dello Studio Barnes, e professore universitario alla University of Miami -UM- è nato e cresciuto a Chicago ed ha conseguito la laurea in scienze dell’architettura all’Università dell’Illinois. La sua nomina agli USA 2022 è dovuta all’interesse volto all’intersezione tra architettura e identità. Il tema era già motivo di studio per il conseguimento del suo master in architettura, conseguito alla Woodbury University. Il progetto, intitolato Symbiotic Territories: Architectural Investigations of Race, Identity, and Community, è stato insignito di un premio speciale.
“È uno dei più grandi premi che io abbia mai ricevuto e per essere così giovane -ha 36 anni- è super eccitante perché penso di lavorare duramente ed è stato molto gratificante constatare che qualcuno lo ha notato. Ci sono così tante storie da raccontare ed io mi ritengo fortunato a poterlo fare,”dice Barnes. Secondo Barnes l’architettura rappresenta un’opportunità di trasformazione materiale, concettuale e sociale. In particolare, esaminando l’azione sociale e politica dell’architettura attraverso la ricerca storica e la speculazione progettuale, l’architetto esamina come l’ambiente costruito influenzi soprattutto la comunità nera (black domesticity). L’architetto è un volto noto alla comunità di Miami, dove, oltre ad avere in cantiere diversi progetti, ha recentemente presentato l’installazione immersiva ON/ per LEXUS al Design Miami/ durante la Miami Art Week. Il suo attivismo sociale lo ha portato inoltre ad essere relatore al Urbanism Summit per la città di Miami.
“Sono molto fortunato, sono cresciuto con i genitori, sono sposato, ho una casa… tutte cose che una persona dovrebbe avere il diritto di avere, ma ci sono molte persone che non hanno le stesse opportunità. Molto di questo riguarda le politiche dell’identità e la loro rappresentazione ed è per questo che l’architettura e l’identità sono così cruciali,” dice Germane Barnes. Per Germane Barnes la ricerca storica è un elemento fondamentale per capire le dinamiche sociali, pertanto impiegherà il premio ricevuto degli USA Fellowship per prolungare il suo percorso di studi in Architettura classica a Roma, presso la American Academy. Qui parteciperà -grazie ai soldi della fellowship e senza affanno- al Rome Prize con un progetto che punta a valorizzare il contributo della popolazione nord africana nell’architettura di Roma. “Molte persone fuori dall’Italia o dall’Europa non si rendono conto che molti nordafricani hanno fatto avanti e indietro tra Marocco, Etiopia e altri posti. La gente non lo sa e voglio vedere cosa posso imparare perché in America non si parla di questo. È triste perché quando si parla di architettura si parla solo di un certo tipo di storia,” dichiara l’architetto.
Sarà molto interessante sentire cosa avrà da dire Germane Barnes a proposito d Roma che rappresenta una delle testimonianze architettoniche più gloriose della storia, e che ha modellato la cultura dell’Occidente.
L’architetto, che spera di essere un modello per i giovani d’oggi dichiara: “Il mondo accademico sta cambiando rispetto a quando io ero studente. Gli studenti a cui insegno ora sono molto più coraggiosi di quanto lo fossi io perché capiscono la loro responsabilità sociale e fanno domande sia all’accademia che ai docenti. È facile progettare un edificio, ma è difficile capire l’impatto che quell’edificio ha sulla comunità e sull’eredità sociale. Ora c’è più umanità all’interno del processo e questo mi rende felice perché le persone stanno capendo che tutte queste cose lavorano insieme e la razza o il genere non hanno nulla a che fare con l’architettura.”
Nel parlare della sua fellowship e dei suoi progetti per il Rome Prize, Germane Barnes emozionato, non si scorda di ringraziare coloro i quali hanno reso possibile tutto ciò: i suoi genitori, che con mille sacrifici hanno fatto il possibile per garantirgli di perseguire i suoi obiettivi e di studiare nelle scuole migliori; e i suoi nonni che hanno dovuto affrontare momenti sociali fondamentali per l’evoluzione della storia sociale ma davvero terribili come la segregazione razziale. “Ogni possibilità che ho è un onore per loro. Ogni volta che faccio una mostra mia madre viene a vedere il mio lavoro, sono così orgogliosi di me,” dichiara l’artista
Il fotografo Robert Andy Coombs, originario del Michigan, ha ricevuto il suo BFA con una borsa di studio al Kendall College of Art and Design di Grand Rapids in Michigan e il suo MFA in Fine Arts alla Yale University. Nel 2019 il Patricia and Philip Frost Art Museum di Miami gli ha dedicato una personale: “Notions of Care”, nella quale l’artista racconta attraverso le fotografie, la storia delle cure emotive e fisiche alle quali si affida ogni giorno. Il famoso critico d’arte Jerry Saltz, suo grande fan, lo ha incluso nella lista top-ten dei migliori artisti del 2019, dichiarando di non riuscire a togliersi dalla testa il suo lavoro.
La sua nomina alla USA Fellowship 2022 è dovuta alla sensibilità con la quale ha messo in risalto, in prima persona, l’intersezione fra disabilità e sessualità.
Coombs è sempre stato attratto dall’arte, e dopo aver iniziato gli studi in Graphic Design ha abbandonato la facoltà per iscriversi a fotografia. Oggi è insegnante di fotografia alla University of Miami, UM. Una passione cominciata da bambino quando trovava interessante fotografare frammenti di paesaggio durante le sue passeggiate. Alle scuole superiori il suo interesse si è spostato sulla ritrattistica per poi subire un burrascoso cambiamento di rotta nel 2009. Una brusca caduta dal trampolino gli ha infatti procurato una lesione al midollo spinale, lasciandolo quadriplegico su una sedia a rotelle. L’incidente lo ha fisicamente immobilizzato ma non gli ha impedito di raggiungere i propri obiettivi con una grinta e una determinazione stupefacenti. Si è laureato alla prestigiosa università di Yale ed ha tenuto un discorso nell’altrettanto prestigioso Pratt Institute in qualità di artista, pensatore e personaggio influente.
Se da un lato l’incidente lo ha immobilizzato dall’altro gli ha offerto la possibilità di librarsi oltre le convenzioni dandogli la possibilità di andare oltre l’etichetta del binomio disabilità- sessualità alla quale la società ci ha abituati. Coombs dichiara l’inadeguatezza che il sistema ha nel rispondere alle domande che i giovani normalmente si pongono. Un problema che è ulteriormente amplificato se si è disabili. “Ho dovuto fare ricerche personali per capire come far funzionare la sessualità e la disabilità perché le persone che avrebbero dovuto insegnarci non volevano parlarne. Era così anche quando avevo ventuno anni ed ero l’unico gay della classe. Questo ha ispirato la traiettoria del mio lavoro. Quando parliamo di sesso e disabilità dobbiamo cambiare. Siamo umani e abbiamo anche queste esigenze,” dichiara l’artista.
Nei suoi scatti Coombs va oltre il perbenismo e le convenzioni per focalizzare l’attenzione sul fatto che i disabili sono lasciati soli a se stessi, come se non avessero impulsi sessuali.
Nelle sue immagini ricorrono continuamente i temi delle relazioni, dell’assistenza e del feticcio. il fotografo che si muove grazie ad una sedia a rotelle e per fare qualsiasi cosa necessita di assistenza, scatta fotografie tramite un joystick azionato dalla sua bocca. Nelle fotografie dimostra che nella disabilità esiste un mondo fatto di piacere e di impotenza, di paura e di tabù, nel quale alla necessità di assistenza si contrappone il timore del chiedere aiuto; allo sguardo amorevole di chi si prende cura di lui c’è il ringraziamento che dal cuore arriva all’azzurro dei suoi occhi.
Nelle elaborazione fotografiche alle quali prendono parte gli amici, gli amanti che hanno lasciato un segno nella vita dell’artista, emerge chiaramente la visione anticonformista di Coombs che prescinde il suo essere omosessuale. Il tema dell’omosessualità non è vissuto come un problema per l’artista che afferma: “Quando si parla di sesso e sessualità tutti sono a disagio ma nella mia famiglia abbiamo sempre affrontato il tema della sessualità in maniera del tutto spontanea e naturale ed ho sempre avuto il loro sostegno. Posso dire di avere una grande vita.”
Le fotografie di Coombs lasciano che l’osservatore si interroghi, non tanto riguardo alle rappresentazioni sessuali più o meno esplicite quanto piuttosto sull’energia che Coombs, soggetto sempre attivo della scena, emana. Nella crudezza delle sue immagini fatte di narrazioni personali interiori non c’è sentimento di vergogna o pietà e l’artista passa dalla condizione di impotenza alla posizione di potere. Osservando alcune immagini, come per esempio quella che rimanda alla Pietà del Michelangelo, il focus sia concentrato sull’artista che sorregge il corpo dell’amico/amante. In questa immagine, come in altre è possibile trovare similitudini nel mondo dell’arte a proposito del quale però l’artista afferma che non c’è nessun riferimento intenzionale alle opere d’arte, quanto piuttosto qualche ricordo flebile che riemerge, senza volontà, dagli studi del passato.
Riguardo al giorno in cui ha ricevuto la notizia della nomina afferma: ”È stata una bella notizia in un brutto giorno” perchè lo stesso giorno ha dovuto salutare il suo adorato cane di servizio, Ladd. “Con Ladd è stato amore incondizionato e leale per oltre dieci anni. Abbiamo avuto molto tempo per noi e quando hai un cane di servizio come Ladd per così tanto tempo è difficile poi dirsi addio,” dice l’artista.
Riguardo alla fellowship Coombs ha dichiarato: ”Ogni artista ha bisogno di avere la conferma che con il proprio lavoro sta facendo qualcosa di importante, è una sorta di convalida che ti da un’ulteriore scopo. Questo significa molto per me e i soldi aiutano, soprattutto quando hai a che fare con la disabilità ” dice Coombs riguardo alla vincita. Coombs non ha ancora ben chiaro in quale maniera impiegherà i soldi della fellowship: se dare una caparra per l’acquisto di un appartamento che gli consenta di muoversi in libertà oppure affittare uno studio nel quale lavorare in maniera creativa. Quel che è certo è che continuerà a infrangere le barriere del perbenismo e delle convenzioni sociali ribaltando lo status quo.
Keisha Rae Witherspoon è invece una regista indipendente di origini giamaicane, nata e cresciuta nel sud della Florida dove ha studiato fotografia e giornalismo. Nel 2020 è stata nominata da Filmmaker Magazine “tra i 25 nuovi volti del cinema indipendente.” Nei suo film adora combinare la finzione speculativa, il fantasy e la scienza. L’artista ha ottenuto la nomina della USA fellowship per l’impegno profuso nel raccontare le sfumature, non viste e non annunciate, della persone facenti parte della diaspora africana. Non è stato possibile contattare la filmmaker e sapere a chi ha dedicato la fellowship e in quale modo utilizzerà l’ingente somma di denaro. Vi consigliamo tuttavia di guardare la usa ultima produzione: “T”. Il corto è ambientato nel quartiere storicamente nero di Miami, Liberty City, e ha vinto l’Orso d’Oro alla Berlinale. Nel corto, una troupe cinematografica segue tre partecipanti in lutto all’annuale memoriale del “T Ball” di Miami. Durante il T Ball la gente indossa le magliette commemorative con le immagini dei defunti come atto di espressione pubblica della loro perdita. È un rituale a cui si rivolgono nel momento del dolore e la testimonianza di una vita presa prematuramente dalla violenza in quartieri dove questi omicidi non sempre fanno il giro delle notizie. “Pensavo al rituale nella comunità nera, alla popolarità delle magliette R.I.P. Il T non riguarda i termini causali della nostra esistenza, ma il raggiungimento di un profondo amore per noi stessi e per la comunità. Sentivo che se il T-Ball fosse esistito, la comunità avrebbe partecipato,” ha dichiarato l’artista.
É possibile vedere il film in streaming su The Criterion Channel.
Attualmente la Whiterspoon sta scrivendo un Black sci-fi (Science-Fiction) intitolato “Untitled Opa-locka Project” che costituirà anche il suo debutto alla regia. Il film è in fase di sviluppo e rappresenta un dramma fantascientifico nero post-alieno ambientato a Opa-locka, in Florida. L’artista è anche il direttore creativo di Third Horizon, un collettivo di artisti caraibici che ha co-fondato nel 2013. L’impegno profuso con questo lavoro di produzione ha portato Third Horizon al Sundance, Toronto International, BlackStar, Sheffield Doc Fest e diversi altri.
(On the title: from. left, the architect Germane Barnes, the photographer Robert Andy Coombs and the filmmaker Keisha Rae Witherspoon )