Amoako Boafo e la rivalutazione della cultura nera tra pittura stesa con le dita ed essenza del soggetto.

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Amoako Boafo, il suo nome è oramai sulle riviste d’arte di tutto il mondo consacrato fra gli dei dell’olimpo. Dopo il suo esordio al FIAC -International Contemporary Art Fair- di Parigi ad ottobre 2019, evento in cui le sue opere sono letteralmente “andate a ruba”, ha fatto il suo ingresso nello scenario di Miami, prima come artista residente nel rinomato Rubell Museum (ex Rubell Family Collection), poi con l’entrata nella sezione NOVA di Art Basel/Miami Beach, rappresentato dalla Marine Ibrahim Gallery di Chicago e dalla Roberts Projects Gallery di Los Angeles. 

Owusu by Amoako Boafo, 2019. Oil on canvas, 154.9×121.9 cm

Originario di Accra, in Ghana, Amoako Boafo ha iniziato a disegnare da bambino perchè disegnando evitava di andare in giro e di conseguenza di farsi sgridare. Il suo non è stato un percorso facile perchè la famiglia povera non aveva la possibilità di farlo studiare, men che meno arte -una perdita di tempo non redditizia- ma il cambio di lavoro della mamma e la comprensione del suo datore di lavoro gli hanno consentito di entrare al Ghanatta College of Art & Design ad Accra, vincendo il premio Best Abstract Painter of the Year nel 2007 e il Best Portrait Painter of the Year nel 2008. Dopo aver conosciuto la moglie, l’artista e curatrice austriaca Sunanda Mesquita, si è trasferito nella sua “città d’adozione, Vienna”, come la definisce l’artista, città dove attualmente sta conseguendo il suo MFA all’Accademia di Belle Arti di Vienna. La scelta di iscriversi all’Accademia è dovuta primariamente alla necessità di capire la scena artistica della città. 

Libby and D-Lee by Amoako Boafo, 2019. Oil on canvas

Prima di vincere il Walter Koschatzky Art Prize per la sezione “opere su carta per artisti sotto i 35 anni”nel 2017 e lo STRABAG Artaward International dedicato agli artisti sotto i 40 anni nel 2019, Amoako Boafo ha vissuto un periodo davvero difficile nella città austriaca per via degli stereotipi sulla razza nera. La sua esperienza lo ha portato a fondare, nel 2013 insieme alla moglie, la WE DYE, al quale si è poi aggiunta Jaqueline Ejiji, oggi un membro indispensabile per il collettivo. Il progetto è stato premiato nel 2014 con il kültüř, la borsa di studio della città di Vienna e il suo scopo è quello di focalizzare voci, prospettive, conoscenze ed esperienze delle diverse diaspore emarginate, facendole conferire in uno spazio artistico auto-organizzato dedicato ad amplificare la produzione artistica e culturale di persone nere, di colore, queer, trans e intergender: “gli altri”, come la società in generale, bianca o nera che sia, li etichetta. 

Kofi by Amoako Boafo, 2019. Oil on canvas, 230.4×223.5 cm

Il nome di Amoako Boafo, che echeggia nell’ambiente come il più grande talento ghanese dopo Ibrahim Mahama -rinomato artista che esegue installazioni su larga scala-,  era presente sulla lista degli “Artists To Watch” di Artnet già tempo fa e la fama ed il prestigio non sono tardati ad arrivare. Il merito è dovuto alla forza espressiva dei suoi ritratti su grandi dimensioni, sui quali si basa la sua produzione artistica che vuole dare un’immagine differente rispetto a la visione stereotipata che vede l’Africa associata alla donna con in grembo un bimbo e in testa un cesto. Per Amoako Boafo, l’Africa è molto di più e questo è ciò che primariamente vuole comunicare al mondo: una visione rinnovata dell’Africa, con i suoi talenti, il suo dinamismo e la sua attualità. 

Teju by Amoako Boafo, 2019. Oil on canvas, 170.2×154.9 cm

Ispirato all’Espressionismo, lo stile di Amoako Boafo si compone di uno sfondo, generalmente, monocromatico, che punta tutta l’attenzione dello spettatore sui soggetti rappresentati: ”Gli unici fattori nel dipinto che vale la pena analizzare formalmente”, sostiene l’artista. Sono gli amici, gli affetti e i conoscenti del Ghana e di Vienna, i personaggi celebrati nelle sue opere, persone che hanno il merito di aver evoluto il concetto di “cultura nera”.  Se lo sfondo monocromatico è composto con il classico pennello, la rappresentazione figurativa dei personaggi è invece fatta con l’aggiunta di pastosi strati di colore che l’artista applica con le dita in maniera del tutto gestuale. È incredibile vedere l’effetto finale e constatare come le sue dita fungano da pennello multidimensionale nel comporre i volti, le loro espressioni intense e le mani, composte da vortici di pittura ad olio blu e marrone; così sottili che ogni tratto evoca l’energia che pulsa da queste figure intrise di colore, mentre i colori del corpo si ammorbidiscono fino quasi all’astrazione. Mera Rubell, fondatrice con la famiglia del Museum Rubell che lo ha ospitato per la residenza artistica ed ha avuto modo di vederlo al lavoro e di coglierne ogni gesto, in un’intervista ha dichiarato: “È davvero misterioso il modo in cui cattura le più potenti espressioni umane con le sole dita che si muovono sulla tela”. 

Missy May by Amoako Boafo, 2019 at The Rubell Museum.

Il focus dei suoi soggetti è indubbiamente lo sguardo, così penetrante ed intenso che interrompe le osservazioni degli spettatori -spesso bianchi- sui canonici pregiudizi riguardo al modo in cui la cultura nera sta riuscendo a costruire la propria identità in modo totalmente anticonvezionale. Amoako Boafo invita gli spettatori a prestare attenzione ai suoi soggetti, alla loro postura, a cosa indossano e al tratto della loro pelle, per riuscire a capire le dichiarazioni audaci che l’artista, giovane voce degna di nota nell’arte della diaspora africana, lascia sottintendere. L’artista ha composto diverse serie, la più famosa e conosciuta è la Black Diaspora nella quale le sue opere diventano il mezzo attraverso il quale l’artista celebra la sua identità nera. Amoako Boafo dichiara: “L’idea principale della mia pratica è quella di rappresentare, documentare, celebrare e mostrare nuovi modi di avvicinarsi all’essere nero”. 

Perry by Amoako Boafo, 2019. Oil on canvas, 154.9×121.9 cm.

L’artista, che attualmente lavora con oli, acrilici e pastelli su tela o carta, utilizza anche mezzi alternativi per espandere la propria pratica di pittura alla ricerca di mezzi nuovi per trattare i suoi soggetti, tra questi il trasferimento di carte da parati europee con le quali riesce a creare  connessioni artistiche interessanti. Ma prima di affinare la sua tecnica ha esplorato diversi medium: il suo background e il suo sviluppo artistico sono visibili nella “Diary Series”, nella quale l’artista affronta diversi temi quali: l’occupazione dello spazio, la politica del corpo, le serie di aspettative individuali e i sintomi della conoscenza.

Buff Titanium Coat by Amoako Boafo, 2019. Oil on canvas, 205×152.4 cm

Se gli studi in Ghana gli hanno dato una certa disciplina, lo studio all’Accademica di Belle Arti di Vienna gli ha dato la possibilità di essere libero e svincolato dagli arcaici schemi sociali che, aggiungo io, non sono solo parte della cultura nera del Ghana, ma quanto piuttosto del mondo intero, in generale, che tende a considerare la mascolinità -in senso negativo- come l’essenza dell’”uomo vero”. In molti dei suoi lavori e in particolare nella serie “Detoxing Masculinity” l’artista affronta il tema della mascolinità, il concetto impartitogli da bambino, secondo cui l’uomo è tale solo se virile e aggressivo: concetti che l’artista cerca di snaturare in favore di una propria ricerca della virilità che niente ha a che vedere con il concetto di mascolinità aggressiva. Sono un esempio l’utilizzo frequente dei fiori o del colore rosa nella rappresentazione dello sfondo o degli indumenti dei soggetti: criticati da molti e di conseguenza ancora più utilizzati dall’artista che si batte per la distruzione di certi stereotipi di genere. Gli stessi sguardi e le pose dei suoi soggetti hanno un certa morbidezza e serenità che si contrappone alla posizione mascolina per antonomasia.

Detoxing Masculinity by Amoako Boafo, 2017.

Se per certi aspetti le linee gestuali di Boafo riportano alla mente le opere di Egon Schiele, la sua firma si ispira candidamente a lui e ai maggiori pittori figurativi ed espressionisti che usavano condensare la firma una “piccola scatola figurativa”: i dispositivi di inquadratura avevano infatti lo scopo di ricordare allo spettatore che le loro opere, così come i suoi ritratti, sono condensati sulla tela ma in realtà c’è molto più di quanto è limitato dal materiale del pittore. Amoako Boafo, che inizialmente a Vienna si è visto sbattere la porta in faccia perchè africano, oltre ad aver collaborato alla realizzazione della collezione maschile Dior Estate 2021 con Kim Jones, è oggi un artista collezionato da istituzioni pubbliche e private, fra le quali il celebre Albertina Museum di Vienna e più recentemente dal Museo Solomon R. Guggenheim, dalla Fondazione Aishti, dal CCS Bard College Hessel Museum of Art, dalla Collezione Pizzuti del Columbus Museum of Art e ovviamente dal Rubell Museum. 

Sfliata Dior Estate 2021, in collaborazione con Kim Jones

Ma oltre alle istituzioni pubbliche e private ci sono poi numerosi collezionisti fra i quali Kehinde Wiley, grande pittore realista figurativo, che attraverso le sue opere ripercorre secoli di storia dell’arte nella quale i protagonisti sono però i neri, che fatta eccezione per alcune opere, difficilmente compaiono nella storia dell’arte sia come artisti che come modelli. A Kehinde Wiley va riconosciuto inoltre il merito di averlo scoperto su Instagram ed averlo presentato alla Roberts Projects Gallery di Los Angeles, dove a gennaio di quest’anno l’artista ha avuto una mostra personale, intitolata “I See Me”, recensita anche dal LA Times. 

Sunflower Shirt by Amoako Boafo, 2019. Oil on canvas, 177 x 160 cm

A settembre 2020 Amoako Boafo sarà invece presente in persona alla serata di inaugurazione (il 10 settembre, 2020) della mostra “I Stand By Me”,  la prima mostra personale di Amoako Boafo presso la Marine Ibrahim Gallery di Chicago, in esposizione fino al 1 novembre.  La mostra presenterà opere mai viste prima in cui l’artista tralascia tutto ciò che c’è di superfluo, sminuendo ulteriormente i suoi sfondi a una semplice macchia di colore, per concentrarsi sul suo interesse primario: il soggetto. Le opere sono state composte in un momento di riflessione, in questo periodo di crisi che ha colpito l’intero mondo e che l’artista ha analizzato realizzando quanto siano importanti i concetti di  autonomia e auto-riflessione, che ha poi traslato nell’arte come strumento per esplorare le complessità delle esperienze umane e per rappresentare il vivido senso della presenza di ogni soggetto nel mondo. Nella mostra “Stand By Me” Boafo offre ai soggetti rappresentati un riconoscimento ancora più elevato di quanto già non abbia fatto con le opere del passato, non solo per le dimensioni fisiche dei soggetti ma anche in termini di grandezza spirituale. Nei titoli non compariranno più esclusivamente i nomi dei personaggi ma alcune persone resteranno anonime altre invece si riveleranno sottilmente attraverso elementi suggestivi ricavati dal titolo.

Green Beret by Amoako Boafo, 2020. Oil on canvas, 216×160 cm. Courtesy  of Mariane Ibrahim.

Se avrete la fortuna di trovarvi a Chicago a settembre, fatevi un giro e ammirate da vicino le opere di questo grande artista che sta rivoluzionando il mondo dell’arte nera dai pregiudizi e che ha fatto notizia nel mondo dell’arte quando quest’anno il suo “The Lemon Bathing Suit” del 2019 è stato battuto all’asta per 675.000 sterline alla 20th Century & Contemporary Art Evening Sale di Phillips a Londra, eclissando la stima iniziale di 30/50.000 sterline per più di dieci volte. 

(On the title: Aurore Iradukunda by Amoako Boafo, 2020. Oil on paper, 70×50 cm)

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