Una sera con Pat Riley

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Pat Riley questo il suo biglietto da visita: nove titoli NBA da 22 anni presidente degli Heat.

Il suo curriculum è indiscutibilmente uno dei più impressionanti di tutti gli sport: giocatore, allenatore presidente. Pochi, in qualsiasi campo sportivo, hanno raggiunto i livelli di successo raggiunti da Riley rivestendo vari ruoli in quasi mezzo secolo di attività. Ostenta con orgoglio, quasi in modo pacchiano, l’anello del 2006 perché, dice: “è l’ultima NBA che ho vinto da head coach”.

Riley ha stabilito uno standard di eccellenza all’interno della squadra, sia dentro che fuori dal campo, atteggiamento questo che ha permesso continuamente al team di raggiungere vette senza precedenti e lo ha posizionato come uno degli sportivi più rispettati e di successo nella storia della NBA. Tutto ciò non è mai stato così evidente come quando Riley ha guidato il suo gruppo di 15 Strong al primo campionato NBA, a Dallas il 20 giugno 2006, memorabile è stato il suo ordine impartito ai ragazzi prima di partire: “one suit, one shirt, one tie -un vestito, una camicia e una cravatta, perchè gara sette non si giocherà!” E così è stato.

Nel 2012 e 2013, ha visto il suo successore Erik Spoelstra guidare le squadre che ha formato come presidente degli HEAT. Dal suo arrivo 21 anni fa, la squadra di Miami è solo una delle cinque squadre su 122 nei quattro principali campionati sportivi professionistici del Nord America che possono vantarsi di aver fatto almeno 17 presenze in postseason e aver conquistato almeno tre campionati.

Camicia bianca e pantaloni neri, sorriso smagliante, si presenta puntuale in sala. Ringrazia i ragazzi del marketing, i ragazzi presenti e Jason Jackson, voce degli Heat per antonomasia,  che lo accompagna sul palchetto allestito in una delle suite dell’American Airline Arena per intervistarlo. Assistere ad uno dei suoi speech è sempre affascinante perchè spiega soprattutto cosa significhi essere parte della “Famiglia”, la Heat Family. Il suo motto? “Bisogna avere una nuova motivazione ogni giorno!”. Nelle ultime due stagioni ha ricevuto molte critiche e lo sa, ma nonostante tutto ostenta sicurezza e prova in qualsiasi modo a trasmetterla a tutto al pubblico  in ascolto: “Potete decidere di ascoltare chi chiacchiera di qua e di là” asserisce, “oppure potete decidere di fidarvi di me. Ho costruito tante squadre e ne costruirò almeno ancora una, vincente. Non ci manca molto, dobbiamo solo inserire un ‘transformer player’. Certo, non è così facile e scontato, ma prima o poi inseriremo in questa squadra un uomo che ci farà fare il salto di qualità”. Gli piace chiamarlo transformer player: Il problema per i tifosi è capire se sarà più un prima o più un poi… perchè per chi si è abituato a vedere giocare e dettare legge su tutti i campi, giocatori del calibro di LeBron James, Bosh e Wade, tanto per fare alcuni nomi del recentissimo passato, non è semplice continuare a portare pazienza aspettando che ci sia la possibilità di inserire uno o due campioni nel roster.

Certo, alcune scelte possono sembrare bizzarre e sarà solo il tempo a dargli ragione o torto. Pensando che Tyler Johnson, nei prossimi due anni, guadagnerà 19.2 milioni di dollari a stagione, qualche perplessità può nascere, soprattutto considerando che player blasonati come John Wall, Klay Thompson, Draymond Green e lo stesso compagno di squadra Goran Dragic tra gli altri, hanno un salario inferiore. Le critiche più pesanti riguardano proprio i contratti pluriennali fatti a diversi ragazzi, tanto che il salary cap dei 123 milioni oltre il quale scatta la luxury tax, sembra non possa essere evitato.

Salari da campioni, si:  ma senza averne in squadra.

Ma a questo proposito Pat Riley è assolutamente fermo. Crede ciecamente nei suoi giocatori e li difende a spada tratta. Ha parole dolci per Waiter: “ha subito un’operazione che l’ha tolto dai giochi per l’intera passata stagione, ma se Dion è in salute, è molto forte! Anzi, a sentire lui, è il giocatore più forte di tutta l’NBA” dice sorridendo.

Ha un debole per Whiteside: “farò di tutto affinché lui e il coach possano appianare le loro divergenze perché Hassan non è il giocatore dell’ultima stagione, ma è quello che abbiamo visto la prima stagione e che ci ha fatto innamorare di lui”.

E a proposito di coach Spo, che lo ha accompagnato nei tanti tanti anni, Pat Riley ha parole di affetto e di stima: “É senza ombra di dubbio il miglior tecnico di tutto il campionato. Finita la nostra stagione si è confrontato con differenti coach di football e di basket per migliorare il suo bagaglio tecnico che mette a disposizione dei nostri ragazzi. Li conosce perfettamente uno ad uno, sa in quale modo spronarli ed avere il meglio da loro e loro, a loro volta hanno fiducia cieca in lui e deve essere così se vogliamo ottenere grandi risultati. Ci vuole armonia e unità d’intenti e hanno un grande sogno nel cassetto, sono ossessionati da questo grande sogno e stanno lavorando per raggiungerlo!”

Si può essere d’accordo o meno con quel che dice Pat Riley, ma, o si prova ad ascoltare ogni soffio di vento, o si ascolta chi ha saputo dimostrare nel tempo competenza, lungimiranza e senso d’appartenenza. Ci si lascia abbindolare dalle sirene che devono fare notizia, o si ascolta la musica maestra di chi fa parte dirige e fa parte della famiglia. Io ho deciso di fidarmi di Pat e voglio credere che Tyler Johnson, insieme a Justise Winslow, Dion Waiter e Josh Richardson possano essere un crack nel prossimo futuro. Ho deciso di ascoltare il cuore e quindi: let’s go Heat!!

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